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Siamo a Roseau, Dominica. Visitiamo questo paesino caratteristico e subito ci sentiamo avvolti dalla realtà locale a 360 gradi. Strade asfaltate, palazzi fatiscenti, anziani locali che assomigliano moltissimo a Bob Marley. Una volta ho letto che l'indice di salute di un luogo si misura dalla presenza di cani randagi. Qui è pieno, e guardandoci intorno è facile a trovare corrispondenze con Roseau. Ogni volta che visitiamo una cittadina dei Caraibi ci chiediamo di cosa vivano, se di turismo o di cos'altro. Immaginiamo un livello di povertà elevato (a suggerircelo la spazzatura per la strada, animali randagi, automobili degli anni 90, gli articoli nei negozi,?) e pensiamo a quelle persone nate qui, costrette a tollerare fiotte di turisti con i cappelli di paglia e la pelle bianca come il latte, come compromesso per racimolare qualche dollaro ogni giorno. Li guardo da lontano con curiosità e un po' di timore. Vorrei dirgli che io sono diversa, che vorrei sentirmi parte di quella comunità per capirla fino in fondo, che vorrei sapere tutto sulla loro vita, tipo fa freddo di notte a luglio? Come funzionano le cose lí? Ci si sposa e si figlia o si figlia e ci si sposa? C'è una società patriarcale? Perché tutti tengono i capelli lunghi? Si beve il caffè in moka? Perché camminano tutti scalzi? Perché perché perché? Ma continuo a camminare, guardando con la coda dell'occhio angoli privati e assolutamente normali, proprio quelli che mi interessano di più. Questo viaggio serve proprio a questo d'altronde. Continuare a camminare. Osservare e camminare. Sperando un giorno o l'altro, di capirci qualcosa. Un po' come la vita, no? Camilla